Vediamo dunque in cosa consiste lo smaltimento delle auto elettriche.

Smaltimento auto elettriche: simili alle tradizionali?

Le auto elettriche non differiscono in modo così netto da quelle con motori benzina, diesel o a gas: le sospensioni sono quasi identiche, la piattaforma costruttiva è analoga e anche l’abitacolo non presenta grosse differenze. Queste parti continueranno ad essere smaltite e riciclate senza grosse difficoltà, in particolare considerato il sempre maggior interesse delle case automobilistiche verso le tematiche green con l’utilizzo di materiali riciclati per gli abitacoli.

Le difficoltà per lo smaltimento delle auto elettriche arrivano soprattutto dalle batterie, perché attualmente manca un piano globale teso a recuperarle o riciclarle. E questo può diventare un grosso problema: al momento si vendono relativamente poche auto a elettroni nel mondo – per dare un termine di paragone, Tesla ne ha consegnate 367.500 nel 2019 –, ma il mercato è destinato ad espandersi nel giro di pochi anni e le immatricolazioni diventeranno milioni ogni anno. Cosa succederà a quel punto? Senza considerare la necessità di smaltire anche le batterie delle sempre più vendute auto ibride.

Smaltimento auto elettriche: non mancano le idee

La maggior parte delle odierne auto elettriche ha batterie del tipo agli ioni di litio, tecnologia sviluppata a partire dagli Anni 70 ed entrata in commercio dal 1991. Le batterie agli ioni di litio immagazzinano e rilasciano energia elettrica facendo passare un flusso di elettroni tra due elettrodi: quello negativo (anodo) e quello positivo (catodo). Queste pile, però, hanno il difetto di degradare con l’utilizzo e il passare del tempo; l’autonomia dell’auto, in alteri termini, si riduce lentamente ma costantemente. Secondo i produttori, le batterie iniziano a perdere efficienza una volta che l’auto ha percorso circa 200.000 chilometri.

Con la perdita dell’efficienza, proprio come per le batterie degli smartphone, il cliente può considerare l’ipotesi di sostituire l’intero pacco di accumulatori. Questo però non è attualmente possibile, e allora è più facile che venga sostituita l’auto. Ma cosa ne sarà delle batterie non più efficienti? Alcune aziende, fra cui il consorzio italiano Cobat, stanno sviluppando processi per recuperarne i materiali più preziosi, fra cui litio, nichel, cobalto e manganese.

Non mancano i progetti alternativi. Ne è un esempio quello chiamato Renos, che coinvolge Belgio, Francia, Germania, Italia e Olanda, destinato a far nascere un programma europeo per la raccolta e la gestione delle batterie a fine vita non più utilizzate dalle case automobilistiche. Il progetto Renos ha l’obiettivo di valutare lo stato di “salute” delle batterie: quelle più usurate andranno smaltite, quelle meno saranno destinate alla cosiddetta second life. Se questi progetti prendessero piede, sarebbe più vicino lo smaltimento delle auto elettriche.

Smaltimento auto elettriche: la second life

Con l’espressione second life, che in italiano significa seconda vita, si intende appunto l’utilizzo di batterie usurate per attività meno impegnative rispetto all’autotrazione, come ad esempio lo stoccaggio dell’energia o l’alimentazione di imbarcazioni turistiche. Un passo ulteriore verso lo smaltimento delle auto elettriche.